
Capitolo primo.
"Adorava New York. La idolatrava smisuratamente."
No, è meglio
"La mitizzava smisuratamente", ecco.
"Per lui, in qualunque stagione, questa era ancora una città che esisteva in bianco e nero e pulsava dei grandi motivi di George Gershwin.
" No, fammi cominciare da capo.
Capitolo primo.
"Era troppo romantico riguardo a Manhattan, come lo era riguardo a tutto il resto: trovava vigore nel febbrile andirivieni della folla e del traffico. Per lui New York significava belle donne, tipi in gamba che apparivano rotti a qualsiasi navigazione."
Da capo.
Capitolo primo.
"Adorava New York. Per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea: la stessa carenza di integrità individuale che porta tanta gente a cercare facili strade stava rapidamente trasformando la città dei suoi sogni in una.
" Non sarà troppo predicatorio?
Insomma, guardiamoci in faccia: io questo libro lo devo vendere.
Capitolo primo.
"Adorava New York, anche se per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea. Com'era difficile esistere, in una società desensibilizzata dalla droga, dalla musica a tutto volume, televisione, crimine, immondizia."
Troppo arrabbiato. Non voglio essere arrabbiato.
Capitolo primo.
"Era duro e romantico come la città che amava. Dietro i suoi occhiali dalla montatura nera, acquattata ma pronta al balzo, la potenza sessuale di una tigre."
No, aspetta, ci sono.
"New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata."
2 commenti:
Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa e la vedeva.
E’ una cosa difficile da capire... Voglio dire... Ci stavamo in più di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio e emigranti e gente strana e noi.
Eppure c’era sempre uno, uno solo, uno che per primo la vedeva.
Magari era lì che stava mangiando, o passeggiando, semplicemente, sul ponte.Magari era lì che si stava aggiustando i pantaloni alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare e la vedeva.
Allora si inchiodava, lì dov’era, gli partiva il cuore a mille, e, sempre, tutte le maledette volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava:
L'AAAAAAAAAAAAAAAAAAMEEEEEEEEEEEEEEEEEEEERIIIIIIIIIIIIIIIICAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
Poi rimaneva lì, immobile, come se avesse dovesse entrare in una fotografia con la faccia di uno che l'aveva fatta lui, l'America, la sera dopo il lavoro, nelle domeniche -si era fatto aiutare dal cognato, muratore, brava persona- prima aveva in mente qualche cosa in compensato poi gli ha preso un pò la mano...
ha fatto l'America.
Quello che per primo vede l'America...
Su ogni nave ce ne è uno e non bisogna pensare che siano cose che succedono per caso, oh no, e nemmeno per una questione di diottrie è il destino quello.
Quella è gente che da sempre c'aveva già quell'istante stampato nella vita e quando erano bambini tu potevi guardarli negli occhi e se guardavi bene già la vedevi l'America, già lì
pronta a scattare
a scivolare giù
per nervi
e sangue
e che so io
e da lì fin dentro al din din din cervello
e poi fino alla lingua fin dentro a quel grido
A-ME-RI-CA
C'era già in quegli occhi di bambino tutta l'America lì ad aspettare.
Questa è per me New York.
Adoro quel pezzo di Novecento.
Me l'aveva fatto leggere una mia amica e me ne sono innamorata.
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